Una esplosione di vita "giovane" in una Struttura abitata da Anziani.
Il numero di Novembre 2019 del magazine SPOTLIGHT - a magazine on culture and ideas for the healthcare world edito da FRANCEHOPITAL SAS – Azienda leader nella produzione di dotazioni per strutture sanitarie – pubblica un articolo dedicato a Fondazione Betania Onlus che, nel 2018, ha acquistato da questa Azienda i carrelli portafarmaci. Si è trattato di una costruttiva collaborazione fra Fondazione e FRANCEHOPITAL finalizzata alla individuazione del carrello portafarmaci più idoneo, personalizzato per le proprie esigenze, in un’ottica di tutela del rapporto costi-benefici.
Vale la pena rammentare che i tredici carrelli portafarmaci è stato possibile acquistarli grazie al successo della campagna di fundraising finalizzata a questo specifico scopo. Un grazie ancora a tutti coloro che hanno contribuito con le loro offerte.
Il ringraziamento da parte dei familiari a tutto il personale di Fondazione per le "amorevoli cure prestate" a una nostra ospite.
A conclusione del Progetto Icaro, finanziato dalla Regione Calabria, durato un anno, volto a dare sollievo a 15 ospiti con deficit cognitivo, un familiare ha voluto indirizzare a Fondazione una e-mail di ringraziamento.
I familiari di una ospite di Fodazione, deceduta dopo diversi anni di ricovero, hanno voluto ringraziare gli operatori sottolineando l'amore e la professionalità che hanno caratterizzato l'assistenza prestata.
La testimonianza di una nostra Ospite che ringrazia “il personale tutto di codesta meravigliosa struttura…”
Il 16 aprile 2018 è stato avviato presso Fondazione Betania il “Progetto Icaro”, finanziato dalla Regione Calabria, finalizzato allo sviluppo e alla qualificazione di una rete integrata di servizi flessibili centrati sui bisogni di persone non autosufficienti e di chi accanto a loro vive e se ne prende cura. Il Progetto, che aveva la durata di dodici mesi (dieci dei quali dedicati all’assistenza), si poneva l’obiettivo di fornire supporto alle famiglie per ridurre il loro carico di fatica e di disagio nell’accudimento della persona non autosufficiente che vive a domicilio.
Venerdì 15 febbraio 2019 si esauriscono i dieci mesi di assistenza a un gruppo di 15 Ospiti con deficit cognitivo − selezionati dai geriatri dell’ASP di Catanzaro − e serpeggia la preoccupazione fra le famiglie dei pazienti che dovranno continuare a far fronte a patologie invalidanti e degenerative senza poter più fruire di alcun aiuto.
Il Progetto sperimentale − che ha veduto un gruppo multidisciplinare di operatori (OSS, Psicologo, Fisioterapista, Educatore) di Fondazione Betania collaborare con volontari ed esperti di pet-therapy, tutti coordinati dalla sociologa Dr.ssa M.Mannarino – si articolava in prestazioni domiciliari e, per tre mattine alla settimana, in attività presso gli spazi del Centro Diurno Icaro (si tratta di semplice omonimia) di Fondazione Betania. Esso costituisce un pregevole esempio di integrazione di servizi rivolti a una popolazione sempre più numerosa che manca di adeguato supporto sul territorio. Un esempio che ora interroga i pubblici amministratori locali chiamati a rivedere le politiche di welfare al fine di ideare risposte sempre più puntuali e personalizzate ai fabbisogni degli anziani non autosufficienti e delle loro famiglie che non trovano, a oggi, risposte adeguate.
All’inizio di questa settimana si è svolta la festa di commiato per la fine del Progetto, alla quale hanno partecipato sia gli ospiti sia i familiari assieme ai vertici di Fondazione Betania. Si è trattato di un bel momento suggestivo per raccogliere da un lato la riconoscenza per un servizio molto apprezzato e dall’altro la speranza che da una sperimentazione si possa passare a qualche progetto più strutturato e duraturo nel tempo.
La testimonianza dei familiari di una nostra Ospite che ringraziano per "...la cura, con professionalità e grande affetto, per mia madre... toccando profondamente il mio animo".
La testimonianza di una nostra Ospite che ringrazia per aver "apprezzato non solo il profilo professionale e di cura alla persona, ma ancor più valoriale, che tutto questo personale ha espresso, facendomi vivere, sentire parte di una comunità"
Anche nel 2018, la Regia Arciconfraternita Maria SS. del Rosario della cittadina di Borgia, in provincia di Catanzaro, come da numerosi anni ha bandito la XXII Mostra-Concorso di Presepi Artistici: un concorso per la selezione dei migliori tre presepi costruiti dalle mani sapienti di vari gruppi di artigiani. Fra i partecipanti, hanno presentato una loro proposta anche i due Centri Diurni di Fondazione Betania Onlus – il Centro Diurno per Persone con Disabilità Perseo e il Centro Diurno Icaro per Persone Adulte.
Il giorno 06 gennaio 2019 sono stati ufficializzati i risultati delle votazioni (sia direttamente effettuate dai visitatori della mostra sia mediante facebook) e il presepe di Fondazione Betania Onlus è stato premiato collocandosi al secondo posto.
Il gruppo canoro “SeriChorum – Cantori della seta”, il cui nome è un chiaro omaggio alla storia della città di Catanzaro, opera da alcuni anni sul territorio, sotto la direzione del Maestro Rosario Raffaele. Il gruppo canoro ha accolto con grande entusiasmo l’invito della coordinatrice del Centro Diurno Icaro di Fondazione Betania Onlus, Dr.ssa Maria Mannarino, ad allietare gli ultimi giorni di festività natalizie delle persone ospitate. Il Centro Icaro accoglie, infatti, anziani da assistere in un ambiente ospitale e protetto, per potenziare e/o mantenere le loro autonomie funzionali e cognitive.
Per l’occasione, i SeriChorum hanno proposto un programma assai vario, cantando a cappella, senza l’ausilio di strumenti musicali, brani come “If Ye love Me” di Thomas Tallis, “Belle qui tiens ma vie” di Thoinot Arbeau, “Il bianco e dolce cigno” di Jacques Arcadelt, “Esta tierra”, creazione polifonica delicata e raffinatissima del compositore Javier Busto Sagrado, “It’s so hard to say goodbye to yesterday” dei Boyz Il Men, “That lonesome road” di James Taylor, “Stand by Me” di Ben E. King, “Good nigth” di John Lennon e “Bianco Natale” di Irving Berling. All’Ensemble si alternava la voce solista di Valerio Valentino, accompagnato al violino dal Maestro Emanuel Salerno e al pianoforte dal Maestro Rosario Raffaele, coi brani “A summer place” di Mack Discant e Max Steiner, “Imagine” di John Lennon, “Una lunga storia d’amore” di Gino Paoli, “(Somewhere) Over the Rainbow, resa famosa da Judy Garland, “Santa Claus is comin’to town” di Eddie Cantor, “Let it snow, let it snow, let it snow” di Vaughn Monroe, “New York, New York” di Lisa Minelli, “Rose rosse” di Massimo Ranieri, e “Jingle bell Rock” di Bobby Helms.
Un dono molto apprezzato dai “nonnini” del Centro Diurno, che hanno trascorso due ore spensierate in allegria.
Per l'ottavo anno consecutivo alcuni ragazzi del Centro Diurno Perseo hanno partecipato al progetto "Insieme a Canestro" promosso dall'ACSA&STE ONLUS (Associazione catanzarese per gli studi auxologici e per lo studio delle talassemie ed emoglobinopatie). Il progetto prevede la partecipazione di ragazzi con diversi tipi di disabilità insieme a ragazzi con problematiche sociali. L'obiettivo principale è quello di sfruttare il gioco del basket in quanto sport di squadra per favorire l'integrazione sociale e raggiungere un miglioramento del benessere psico-fisico.
Il progetto ha avuto la durata di sei mesi con la frequenza di due allenamenti pomeridiani a settimana svolti presso la palestra della scuola "Casalinuovo" nel quartiere Corvo.
La testimonianza dei familiari di una nostra Ospite che desiderano evidenziare un "esempio di buona sanità".
Fondazione Betania in festa per celebrare i cinquant’anni di vita sacerdotale di don Biagio Amato, alla guida dell’Istituzione dal 1986. Il giubileo sacerdotale di don Biagio Amato è stato vissuto con commossa e gioiosa partecipazione da tutta la comunità di Fondazione Betania, ospiti e operatori, nel corso della solenne concelebrazione eucaristica presieduta dall’Arcivescovo Vincenzo Bertolone. Numerosi anche i presbiteri presenti: tra questi don Giuseppe Silvestre e don Antonio Varano che, nell’anno in corso, hanno anch’essi celebrato il cinquantesimo di sacerdozio. Monsignor Bertolone ha ringraziato don Biagio per aver dedicato la vita sacerdotale al servizio degli ultimi e delle persone fragili e sofferenti, definendo questo particolare ministero “una vocazione nella vocazione”. Don Biagio non ha mancato di evidenziare che per un sacerdote “servire non è una decisione o una scelta, ma un compito tipico ed essenziale del presbitero, a imitazione di Gesù che ci ha dato un esempio perché anche noi facessimo lo stesso”. Il riferimento è così andato al Giovedì santo e al comandamento evangelico della carità: “Gesù si alzò da tavola, depose le vesti, prese un grembiule e se lo cinse alla vita”, ha ricordato don Biagio, commentando che l’unico “paramento liturgico” della prima Messa era stato appunto il grembiule, e che ogni cristiano deve cingersi il grembiule, mettendosi nell’atteggiamento del servizio, promuovendolo in sé e intorno a sé. Al termine della celebrazione, un momento di agape fraterna organizzata dagli ospiti e dagli operatori della Fondazione, coordinati dal cappellano don Enzo, ha concluso una giornata davvero importante e significativa.
Ed eccoci al 06/12/18… Al primo dei quattro incontri previsti dal progetto “Raccontami com’era”, che vede coinvolti operatori e anziani della Casa Protetta per Anziani la Casa della Mimosa di Fondazione Betania Onlus, gli alunni e gli insegnanti della terza classe del Plesso “Croci” dell’I.C. Mattia Preti di Catanzaro e i genitori dei bambini.
Entusiasmo e fattiva collaborazione sono stati gli elementi che hanno caratterizzato, sin dalla fase di co-progettazione, questo percorso.
Il tema del primo incontro "San Nicola - Raccontiamoci il Natale - Tradizioni e usanze di ieri e di oggi” è stato un dialogo tra i bambini e gli anziani. Un’antica nenia natalizia, intonata dai piccoli, ha aperto l’incontro facendo rivivere ai nonni qualche ricordo dei tempi passati. I bambini hanno rivolto, curiosi e attenti, le loro domande ai nonni circa i doni che essi ricevevano a Natale, quali i dolci e le specialità culinarie venivano preparati ai loro tempi… Quindi, una carrellata di proverbi, declamati dai bambini in un magnifico dialetto catanzarese, e dei quali hanno chiesto il significato agli anziani. Questi ultimi hanno risposto rievocando così vecchi ricordi che forse erano rimasti assopiti.
E che dire delle mamme dei piccoli che si sono adoperate nella preparazione di dolci, negli addobbi della sala, nell’allestimento della scenografia per realizzare la simpatica scenetta tra Babbo Natale e la Befana, con tanto di costumi che, con la voce narrante, hanno allietato i bambini e i nonni attenti e curiosi! I tre Re Magi, rappresentati dai nostri anziani Domenico, Giovanni e Francesco, hanno completato il quadro scenico!
Balli e canti tra tutti i presenti hanno reso ancora più gioioso l’incontro.
I biglietti augurali, realizzati e letti dai bambini, sono stati − con i loro contenuti colmi di tenerezza e amore − un dono prezioso per i nonni della Casa Protetta. Un dono che ha commosso ed emozionato tutti, con scambi di carezze con calde mani, ricordi di nonni che non ci sono più, auguri di armonia e pace, sentimenti di amicizia: tutti elementi che hanno accomunato i diversi biglietti realizzati dai bambini.
Oggi, l’Albero della Casa della Mimosa è impreziosito da tanti bigliettini dondolanti, con messaggi dal grande valore umano che i bambini della scuola hanno saputo realizzare. L’Albero va ad aggiungersi agli altri splendidi decori che i nostri nonni e i colleghi del Servizio di Riabilitazione e Inclusione hanno realizzato, in questi mesi, grazie all’impegno e alla guida operosa di Franca e Mara, che per due giorni a settimana ci hanno insegnato come realizzare delle splendide bamboline.
L’Albero di Natale, così addobbato, è dunque l’espressione simbolica e concreta di come un lavoro di rete e di relazioni tra più soggetti può realizzare un percorso di inclusione territoriale.
Grande interesse ha suscitato il seminario che Fondazione Betania Onlus ha tenuto nell’auditorium di via Molise in S. Maria di Catanzaro il 30 novembre scorso, dedicato al tema “Qualità della vita e disabilità nei servizi residenziali e semiresidenziali”, seguito da oltre centoquaranta fra operatori interni e del territorio.
Il Presidente di Fondazione, don Biagio Amato, ha introdotto i lavori soffermandosi sul concetto di qualità della vita che, al di là delle definizioni tecniche, per l’individuo ospite dei servizi è fondamentalmente qualità della “vita di relazione”. La stragrande maggioranza di persone ospitate nelle strutture residenziali non ha scelto di farlo. Ne consegue che è rilevante affrontare l’argomento della qualità della “vita di relazione” nelle strutture perché essa costituisce il novanta e più percento della giornata (come del resto avviene nella vita di ognuno). Questa considerazione immediatamente evoca il grande tema della qualità della vita degli operatori che lavorano all’interno delle medesime residenze, coloro cioè che sono i principali interlocutori della relazione con gli ospiti. Rimandando, quindi, ad appuntamenti futuri l’approfondimento di come l’operatore viva la qualità della propria esistenza all’interno delle strutture residenziali e di come l’utente medesimo giudichi questa stessa qualità, il Presidente ha voluto cogliere lo spunto di questo evento per richiamare l’attenzione sulla esigenza di trascendere da una dimensione esclusivamente tecnicistica nella interpretazione del concetto di qualità, che trae origine dal punto di osservazione di chi è chiamato a legiferare o a gestire la struttura, per aprirsi a una dimensione valoriale che tenga conto del vissuto e del percepito del soggetto assistito.
Il Dr. Gennaro Izzo (Assistente Sociale, coordinatore Ufficio di Piano di Ambiti Territoriali in Campania Campania e docente alle Università Federico II e Suor Orsola Benincasa di Napoli) si è soffermato sul ruolo dell’Ente Locale, nell’era del Piano di Zona e alla luce dei nuovi livelli essenziali di assistenza. Questi, partendo dalla constatazione che secondo il principio di sussidiarietà, l’Ente Locale è il livello di garanzia istituzionale pubblica più vicino ai cittadini, ha avviato una disamina delle normative attuali e delle criticità e opportunità che da esse derivano, corredandola con una ricca casistica presa dalla propria realtà territoriale. Il relatore ha voluto veicolare un messaggio di ottimismo; infatti, ha sottolineato, come questo periodo storico sia caratterizzato da numerose opportunità per i fautori della Welfare di Comunità, anche se ancora poco organiche, ancora confuse nei diversi livelli di competenza. E ha proseguito elencandole: le tutele e gli sviluppi dell’amministrazione di sostegno, la cui prassi supera di gran lunga l’istituto giuridico che l’ha partorita, creando opportunità di nuove sinergie tra persone, nuclei familiari e istituzioni pubbliche e private; la legge sul “dopo di noi” che mira alla de-istituzionalizzazione a supporto della domiciliarità (in abitazioni o gruppi appartamento); il piano nazionale di contrasto alla povertà, primo livello di garanzia della presenza di assistenti sociali, di case manager, per la formalizzazione del progetto individualizzato, quale livello essenziale delle prestazioni; la riforma del Terzo Settore, con l’ardire della co-programmazione pubblico-privato, di molto più significativa della “vecchia” co-progettazione dello scorso ventennio; i Progetti Terapeutici Riabilitativi Individuali, sostenuti da Budget di Salute (P.T.R.I. con B.d.S.).
La Dr.ssa Rossella Di Marzo (Assistente Sociale, responsabile dei Servizi Sociali dell’Ambito Unione Territoriale Intercomunale “Livenza Cansiglio Cavallo”, Comune di Sacile [PN]) ha intrattenuto la sala sull’ICF (International Classification of Functioning, Disability and Health, cioè la Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute), spiegandone il significato e sottolineando il valore insito nel suo utilizzo: uno strumento di valutazione molto completo ma impegnativo da adoperare, da parte degli operatori. L’ICF copre tutti gli aspetti della salute umana, includendo le funzioni indicanti lo stato di salute di un individuo (vedere, udire, camminare, imparare e ricordare), le strutture e una importante sezione riferita alle attività di vita sociale e quotidiana della persona (compiti, cura del sé, mobilità, istruzione, partecipazione alla vita sociale). L’ICF, ha continuato la relatrice, è un linguaggio internazionale e in quanto tale supera i confini sia delle nazioni sia delle professioni. Esso predispone alla costruzione di una visione multidimensionale della persona con disabilità, applicabile ai molteplici contesti, culture e nazioni e che accomuna, nel riassumerle, le componenti biologiche, fisiche e sociali. Partendo da queste premesse, la Dr.ssa Di Marzo si è dilungata sui vari argomenti che, mediante l’adozione della scala ICF, i vari professionisti coinvolti affrontano: dal concetto di qualità (forma o essenza, adempimento o valore) a quello di qualità della vita; dalla qualità dei requisiti alla qualità vissuta; dall’analisi dei protagonisti del progetto individuale personalizzato (persona e familiari; team di lavoro, rete dei servizi, ecc.; committente; comunità locali, associazioni sportive, portatori di interesse, ecc.), al coinvolgimento della persona (capacità e aspirazioni, lista di bisogni, fattori ambientali considerati rilevanti, analisi delle criticità, verifica e valutazione). Una lunga narrazione che ha affascinato gli uditori proprio per la oggettiva complessità della scala che necessità di una attenta guida per chiarirne il significato e farne apprezzare le ricadute.
Dopo il coffee break, la seconda parte della mattinata ha approfondito argomenti più operativi legati alla pratica quotidiana.
Ha aperto i lavori il Dr. Costante Emaldi (Fisioterapista, responsabile del sistema di clinical governance del consorzio Solco di Ravenna) occupandosi di ausili. Questi ha esordito con una prima diapo che recitava “l’ausilio come aiuto e bisogno, come amico inseparabile, come compagno di vita, come vestito, come parte di me stesso… per la qual ragione l’ausilio condiziona la presentazione della mia persona”. Partendo da questo presupposto, se si considera che anche i letti e i sistemi antidecubito rientrano nella categoria degli “ausili”, ha sottolineato che la persona residente nelle RSA vive continuamente associato a un ausilio. Secondo lo Standard Internazionale ISO 9999:2011 qualsiasi prodotto (dispositivi, apparecchiature, strumenti, software, ecc.) di produzione specializzata o di comune commercio, utilizzato da (o per) persone con disabilità per finalità di miglioramento della partecipazione, oppure protezione, sostegno, sviluppo o controllo o sostituzione di strutture corporee, oppure prevenzione di menomazioni, limitazioni nelle attività o ostacoli alla partecipazione, va considerato ausilio e presidio (assistive device). In questo filone di pensiero, pertanto, il relatore, prima di affrontare nel dettaglio la descrizione dei principali dispositivi, evidenziandone punti di forza e limiti e il rapporto costo-beneficio, ha posto l’accento su come per una persona con disabilità il problema non è oggi l’assenza di strumenti tecnologici adeguati, ma il quesito è come renderli concretamente utilizzabili nella vita quotidiana superando le barriere legate alla loro identificazione, selezione, personalizzazione, training, assistenza tecnica, nonché budget di spesa. È importante rammentare come l’ausilio sia funzionale all’utente quando è efficiente e ben utilizzato e come esista tutta una normativa che regolamenti questo aspetto. L’ausilio, infatti, rientra a pieno titolo negli aspetti del clinical risk management con tutte le ricadute legali che ciò comporta. Il relatore, prima di addentrarsi nella parte più tecnica della sua esposizione, non ha mancato di rimarcare come dietro la scelta e l’utilizzo di uno specifico ausilio ci sia la considerazione della dignità della persona portatrice di disabilità e, pertanto, anche questa pratica richieda, da parte dell’operatore, massima attenzione e competenza.
Ha chiuso le relazioni il Dr. Giuseppe Trieste (Presidente FIABA Onlus). Introdotto dal breve filmato promozionale delle Paralimpiadi di Rio 2016, molto efficace, più di tante parole, ed emozionante, il Dr. Trieste ha descritto le finalità della Onlus (Fondo Italiano Abbattimento Barriere Architettoniche) che presiede, la quale si propone di abbattere tutte le barriere, da quelle architettoniche a quelle culturali, che precludono la possibilità di godere e vivere in tutte le sue forme. Per questo promuove la fruibilità universale e la progettazione di ambienti totalmente accessibili secondo i principi della Total Quality e Design, la “progettazione per tutti” finalizzata all’inclusione sociale e all’uguaglianza nel rispetto della diversità umana, attenta ai bisogni, alle esigenze e ai desideri delle persone. Quindi ha descritto le attività svolte da FIABA sia in ambito didattico, comprendendo tutta una serie di interlocutori professionisti impegnati nella edificazione delle nostre città, sia in ambito di iniziative promozionali (FIABADAY), sia in ambito istituzionale con contatti a tutti i livelli della gerarchia politica, dal livello comunale alle massime autorità. Il concetto di base al quale si ispira questa ONLUS, sottolinea il Presidente, è che non esistano gruppi di persone con caratteristiche da catalogare ma esiste “la persona” con tutte le sue qualità e peculiarità e la disabilità non è il problema di una minoranza né l’unico ostacolo che una persona incontra nel corso della propria vita. Il concetto di persona a ridotta mobilità permette una visione più globale verso le esigenze di tutti, rispondendo alla sempre più crescente richiesta della società di inclusione, non più di integrazione. La mobilità è una condizione necessaria per accedere a beni e servizi del territorio, per assicurare agli individui la piena libertà di vivere le città in totale autonomia. Ad ogni persona deve essere garantita la possibilità di muoversi liberamente, senza ostacoli. La mobilità è parte integrante della vita di tutti: ognuno, infatti, si muove quotidianamente per andare a scuola o al lavoro, oppure per turismo e nel tempo libero. L’accessibilità è uno dei principi su cui è imperniata la Convenzione Internazionale dei diritti delle persone con disabilità (2006) recepita nel nostro ordinamento nel marzo 2009.
Partendo dalla sua personale esperienza, di persona che si muove in carrozzina da diversi decenni, il Dr. Trieste ha quindi ripercorso tutte le principali difficoltà delle quali si legge sovente sulla stampa quotidiana, sottolineando e suggerendo soluzioni per porre rimedio a esse senza intenderle come un beneficio circoscritto alle persone con disabilità, ma come un modello da adottare per migliorare ed elevare la qualità della vita di tutti. Un modo molto concreto e talvolta toccante per concludere la giornata incentrata sui bisogni reali della persona con disabilità.
Ha concluso i lavori il Dr. Fulvio Bruno (Direttore Operativo e Direttore Sanitario di Fondazione Betania) che ha sottolineato il valore della giornata derivante anche dal contributo di quattro relatori che provenivano da realtà geografiche differenti e che, confrontandosi da ottiche diverse, hanno favorito quella preziosa contaminazione di idee, vedute ed esperienze che costituisce l’humus ideale per affrontare in maniera costruttiva tematiche complesse. Il Dr. Bruno ha sottolineato, nell’ottica del gestore, come molte delle sollecitazioni raccolte nel corso della giornata siano estremamente interessanti e stimolanti ma che, ahimè, alla fine il conto economico è quello che condiziona talune scelte ed è pertanto essenziale stabilire una scala di priorità per pianificare i giusti interventi a beneficio dei nostri ospiti. Non tutto è possibile fare da subito, in un regime di scarsezza di risorse, ma una corretta analisi, seguita da una puntuale pianificazione costituiscono i presupposti essenziali per un percorso di miglioramento continuo della qualità del servizio erogato.
Malgrado il terzo giorno di seguito di allerta meteo su Catanzaro, il seminario su “La Distribuzione del Farmaco al Soggetto Anziano o con Disabilità in Struttura” − organizzato da Fondazione Betania Onlus presso il proprio Auditorium venerdì 05 ottobre 2018 – ha suscitato grande interesse con i posti a sedere completamente occupati. Hanno infatti seguito i lavori numerosi fra medici, infermieri, educatori coordinatori e farmacisti, sia della medesima Fondazione sia provenienti da altre strutture del territorio.
I lavori sono stati introdotti dal Presidente di Fondazione, Don Biagio Amato, che ha posto l’accento sulla rilevanza dell’argomento all’interno delle strutture pur sottolineando la esigenza di continuare nello sforzo di de-medicalizzare il più possibile l’approccio all’ospite delle strutture territoriali extra-ospedaliere sanitarie e socio-sanitarie residenziali oltreché nelle strutture socio-assistenziali. La attenzione, ha continuato, deve essere rivolta all’individuo come tale, con il suo vissuto e il suo progetto di vita, per comprendere quale sia il fabbisogno espresso (in maniera esplicita o meno) e accompagnarlo senza necessariamente delegare al farmaco la soluzione esclusiva. L’ascolto e la interpretazione del messaggio di aiuto che proviene da queste persone fragili possono spesso aiutare a capire che il farmaco non è necessariamente la soluzione.
Il Direttore Sanitario e Direttore Operativo di Fondazione, Dr. Fulvio Bruno, ha subito dopo illustrato la ragione iniziale che ha condotto alla organizzazione della giornata odierna. Fondazione, che nel 2019 celebrerà i settantacinque anni di storia, ha bisogno di rinnovare a arricchire le proprie dotazioni tecnologiche, come è normale che avvenga nel regolare ciclo di vita di queste strutture. Come Ente accreditato, i ricavi sono strettamente condizionati e prevalentemente dipendenti dagli enti pubblici committenti, Regione Calabria e ASP di Catanzaro che sono a malapena sufficienti per il quotidiano per garantire standard qualitativi per gli ospiti. Come Fondazione Onlus, Betania può pertanto solo avvalersi di libere donazioni ogniqualvolta si pone l’obiettivo di fare interventi mirati a migliorare la qualità dei suoi servizi. Un anno fa, quindi, Fondazione si è inventata la Campagna “Adotta un carrello” per raccogliere fondi finalizzati al rinnovo dei carrelli portafarmaci. Dei tredici necessari, dopo un anno, grazie al contributo di diverse aziende, enti e numerosi privati, si sono raccolti fondi per acquistare solo nove di questi carrelli. Per sottolineare il successo di questa campagna, che ovviamente dovrà proseguire, si è deciso di organizzare la giornata odierna per legare simbolicamente il risultato conseguito arricchendolo di contenuti scientifici e cogliendo la opportunità di ringraziare individualmente e pubblicamente i benefattori, alcuni dei quali erano presenti all’inizio dei lavori.
Il moderatore del seminario, Dr. Piercarlo Rizzi (Direttore dell’UO Medicina legale dell’ASP di Catanzaro) ha quindi invitato il Prof. Giovambattista De Sarro, Farmacologo e Rettore dell’Università “Magna Graecia” di Catanzaro, ad avviare la parte scientifica del seminario. Il Prof. De Sarro ha tenuto una lunga e interessante relazione sul metabolismo del farmaco nel soggetto anziano. Partendo dall’assunto che il 19% della popolazione è composta da persone anziane con età superiore a 65 anni, un terzo delle prescrizioni dei farmaci sono destinate all’anziano, un terzo dei ricoveri dei medesimi soggetti è a causa di reazioni avverse, ha voluto sollecitare l’attenzione dei presenti sulle cautele da adottare. Per spiegarne il significato ha guidato chi lo ascoltava nel complesso mondo della farmacodinamica, della farmacocinetica e, nel suo insieme, del percorso che la molecola compie dal momento della assunzione a quello della sua degradazione. Il relatore è entrato in maniera molto chiara nel merito dei meccanismi enzimatici che entrano in gioco nel metabolismo del farmaco, durante tutta la sua vita, che hanno diretta implicazione nella sua efficacia o tossicità e il cui ruolo può essere in vario modo influenzato sia dal fisiologico decadimento per l’età degli organi deputati al metabolismo e alla eliminazione del farmaco, sia dalla presenza di sostanze (altri farmaci o alimenti o altre sostanze) che, interagendo, possono indirizzare in un senso o nell’altro l’effetto farmacologico. Sono stati approfonditi gli aspetti della interazione farmaco-farmaco, farmaco-nutraceutico e farmaco-alimento, si è discusso del rallentamento del processo metabolico legato all’età, si è discusso di come si dovrebbe avere sempre presente che la politerapia, costante per la popolazione con età superiore ai 65 anni, costituisca di per sé un fattore di rischio che si incrementa con l’aumentare delle molecole introdotte. Il take-home message quindi è stato di prestare la massima attenzione innanzi tutto ai fattori concomitanti che possono condizionare la efficacia o meno (fino a indurne la tossicità) del farmaco ma, fondamentalmente, a contenere l’abuso di prescrizione farmacologica. Bisogna mirare a conseguire il massimo di vantaggio terapeutico con il dosaggio più basso possibile. Bisogna avere il coraggio di stabilire una scala di priorità delle comorbilità trattando quelle più insidiose e assegnando un minor significato a quelle meno rilevanti, per evitare un eccesso di prescrizione. Una visione complessiva del paziente, che non è un insieme di organi; la rivalutazione del ruolo del medico non inteso come semplice prescrittore sono aspetti fondamentali per circoscrivere tale abuso e limitare i rischi di eventi avversi. Ha poi concluso il Prof. De Sarro sottolineando ironicamente che l’auspicio è che si arrivi a un “pillolone” unico, che contenga tutti i principi farmacologici necessari per quel paziente, da assumere una volta al giorno. Ma questa è la parte più complicata.
Ha preso successivamente la parola la Dr.ssa Domenica Costantino − Direttore della Struttura Complessa Servizio Farmaceutico Territoriale dell’ASP di Reggio Calabria, area implementazione sistemi di qualità SIFO – la quale nel corso del suo lungo intervento ha affrontato gli aspetti più pratici del processo di gestione e dispensazione del farmaco. Il suo intervento ha preso in analisi, con dovizia di particolari e di riferimenti normativi, tutte le circostanze che vanno gestite in maniera molto accurata al fine di prevenire gli errori potenziali durante l’intero processo terapeutico, dalla prescrizione alla dispensazione. La Dottoressa ha sottolineato il ruolo del farmacista all’interno delle strutture e di quello sul territorio (quest’ultimo che può svolgere ruolo di consulente per le strutture che ne sono sprovvisti) e passo passo ha ripercorso le criticità che sono all’origine del rischio: dalla compilazione della ricetta (leggibilità della grafia, ricorso eccessivo a sigle, chiarezza nella indicazione dei dosaggi, ecc.), ai malcostumi da evitare assolutamente (la prescrizione telefonica, la prescrizione verbale che può essere giustificata solo in caso di emergenza salvo poi trascriverla in cartella per successiva rivalutazione), dai farmaci LASA, quei farmaci cioè che per fonetica e/o per grafica possono generare confusione ed essere scambiati alle metodiche di conservare dei farmaci e gli stratagemmi per facilitarne il riconoscimento.
Infine la Dottoressa ha posto l’accento sulla procedura di riconciliazione farmacologica, la esigenza cioè di rivalutare il profilo terapeutico del paziente nel tempo e in ogni occasione di transizione di cura (per esempio accoglienza in struttura, dimissione, trasferimenti da un reparto all’altro o in struttura differente o passaggio in assistenza domiciliare). Un concetto questo che verrà poi ripreso in chiusura dal Dr. Rizzi per le rilevanti implicazioni medico-legali. Nel caso della Dr.ssa Costantino il take-home message è che sia possibile minimizzare l’entità dei rischi legati alla somministrazione della terapia: sicuramente il ricorso alle nuove tecnologie, anche quelle più avveniristiche (robotizzazione), sarebbero l’ideale; ma sarebbe irrealistico non tenere presenti i limiti finanziari dell’attuale servizio sanitario. Che fare allora per ottenere o avvicinarsi al medesimo risultato? Puntare di più sulla organizzazione, sulla analisi dei processi e sulla adozione anche di semplici ed economici accorgimenti che possono far sì che l’obiettivo venga raggiunto anche nelle attuali ristrettezze. L’educazione e l’aggiornamento sono alla base di tutto e la costruttiva interazione fra le varie figure professionali oltreché mettere mano alla organizzazione.
Dopo l’intervallo del pasto, ha aperto i lavori la Dr.ssa Camilla Boeri – Infermiera presso l’ospedale privato accreditato ad alta specializzazione in medicina riabilitativa “San Giacomo” di Ponte dell’Olio (PC) – la quale partendo dalla sua esperienza quotidiana e dalle risultanze di uno studio al quale aveva partecipato alcuni anni fa sull’argomento, ha approfondito il tema dei farmaci tritati e camuffati all’interno delle strutture. Il paziente neurologico, con o senza con deficit cognitivo, sovente presenta disturbi della deglutizione oppure atteggiamento oppositivo al momento della assunzione del farmaco. Da ciò scaturisce la esigenza, quotidiana, di trovare forme che possano superare questi ostacoli. Una doviziosa disamina delle diverse implicazioni che le due pratiche comportano sulla efficacia del farmaco, piuttosto che sul rischio di ingenerare effetti collaterali, ha galvanizzato l’attenzione dell’uditorio. Tutti in sala si sono riconosciuti nella complessità quotidiana nel gestire detti pazienti e il ricorso a stratagemmi come quelli descritti ha subito alimentato il dibattito. C’è ancora molto da fare per far fronte a questi bisogni, e forse uno stimolo giunge, ha concluso la Dr.ssa Boeri dalla pediatria. Infatti, per il paziente pediatrico oggi esistono nuove interessanti proposte per rendere sia più accettabile (gusto) sia più assumibile (consistenza, dimensioni, ecc.) il farmaco. Il take-home message della relatrice è che da qui si dovrebbe partire, da un lato per approfondire l’argomento con nuove ricerche e studi, dall’altro dal sollecitare le case farmaceutiche affinché si impegnino per trasferire anche all’anziano soluzioni già adottate per altre fasce di età.
Ha chiuso i lavori il Dr. Rizzi che, dopo aver ripercorso a volo radente numerosi degli argomenti già emersi nel corso dei precedenti interventi per sottolinearne le implicazioni medico legali, ha incentrato la sua esposizione sul ruolo che le singole figure professionali hanno di fronte alla legge, penale e civile per quanto riguarda il tema della terapia. Dal medico, nei vari ruoli, fino all’infermiere nessuno può considerarsi immune dalle ricadute per le scelte che opera o non opera convinto che la responsabilità ricada su altri. Si è lungamente parlato del medico di struttura che in Calabria non prescrive ma riceve spesso una indicazione terapeutica dal consulente esterno e poi la trasferisce al medico curante della persona ricoverata affinché la converta in prescrizione. In questa catena tutti condividono la medesima responsabilità, soppesata in maniera differente dal magistrato, ma nessuno può chiamarsi fuori. Purtroppo, spesso l’incidente è l’unico momento nel quale il professionista si rende conto di cosa significhi tutto ciò e, come brillantemente sottolineato con l’ultima sua diapositiva, quello è il momento di massima solitudine della persona coinvolta. Allora il monito è di esercitare sempre un controllo critico e, laddove nel processo organizzativo (raffigurato come una catena, una sequenza di attività, con un inizio e una fine) si identifichi un anello debole è quello che deve essere aggredito per migliorarlo o rimuoverlo al fine di evitare il rischio. In questo contesto ritorna il riferimento alla riconciliazione farmacologica, argomento già affrontato in precedenza dalla Dr.ssa Costantino. In questa luce, analogamente cruciale è il ruolo e la responsabilità dell’infermiere che non è un mero esecutore di ordini. Di fronte a una prescrizione, l’infermiere deve valutare attentamente, giacché il corso di studi per il titolo infermieristico prevede numerose ore dedicate alla farmacologia, cosa sia indicato e come quella operazione debba essere portata a termine. In caso di dubbi interpretativi o perplessità sui contenuti, senza esitazioni, l’infermiere deve rivolgersi al medico di struttura prescrittore per chiedere spiegazioni e chiarimenti. Non deve eseguire pedissequamente. Un nuovo concetto emerge a margine di questa considerazione, l’importanza del lavoro di squadra e della rimozione di quelle barriere mentali e culturali per le quali il medico si considera superiore e mal tollera l’intervento dell’infermiere. Solo dal riconoscimento delle rispettive professionalità e ambiti di competenza si può addivenire a un miglior e più sicuro risultato. Il Dr. Rizzi non manca di richiamare l’attenzione anche sugli aspetti documentali: da un lato l’adozione della scheda unica di terapia che ha ridotto sensibilmente il rischio di errori da trascrizione, dall’altro sulla fondamentale importanza di scrivere tutto sulla cartella clinica, prassi questa spesso disattesa dalla classe medica che poi, però, in caso di incidente, viene considerata determinante dalle autorità. L’importanza di scrivere è anche dovuta al fatto che si mette in evidenza il processo logico che si è seguito, anche se il risultato non è stato quello desiderato; almeno si dimostra che si è seguito un processo di analisi e valutazione. Infine, l’importanza, con i rischi e i vantaggi connessi, della adozione della cartella clinica integrata e della cartella clinica informatizzata. In ultimo non poteva mancare un cenno agli operatori sociosanitari e a quanto il loro profilo consente in merito al problema della terapia. Gli OSS “possono solo aiutare nell'assunzione” dei farmaci, ma è l'infermiere a preparare la terapia.
Come sempre con il Dr. Rizzi, argomenti molto impegnativi e fitti di rimandi alle leggi sono esposti con una ricchezza di aneddotica esplicativa presa dalla lunga esperienza professionale, così da rendere meno difficile seguire i suoi argomenti altrimenti ostici. Nel suo caso il take-home message è stato la raccomandazione a essere coscienti nella esecuzione delle pratiche di propria competenza, senza dare per scontato alcunché nella errata convinzione che tanto la responsabilità ricadrà su qualcun altro. Il risveglio potrebbe essere doloroso. E nel valorizzare il gioco di squadra anche nella prassi, che dovrebbe essere costantemente adottata, di rivedere con occhio critico eventuali processi che hanno evidenziato criticità al fine di migliorare in continuazione.
Da parte dei partecipanti, sempre sollecitati a intervenire alla fine di ogni intervento, in chiusura un ringraziamento corale per l’interessante giornata che aveva lo scopo di fornire utili strumenti informativi che, nella speranza degli organizzatori, potessero essere già messi in pratica da domani.
Il Servizio Riabilitazione e Inclusione di Fondazione organizza una bella gita in Sila con quarantotto tra Ospiti, alcuni accompagnati da familiari, e Operatori provenienti da diverese delle proprie Strutture Terapeutiche. Un percorso che crea il giusto connubio fra l’ambito ricreativo e quello riabilitativo, che favorisce la convivialità e sollecita ricordi familiari ed emozioni.
L’iniziativa si colloca nel continuo sforzo di Fondazione di de-istituzionalizzare e de-medicalizzare la permanenza dei propri Ospiti all'interno delle sue Strutture Terapeutiche.
Fondazione Betania lancia la campagna estiva 2018 che prevede la raccolta di monete mediante il ricorso a un salvadanaio personalizzato, come illustrato nell'articolo apparso su Catanzaro Informa. Il danaro così raccolto servirà ad acquistare 3 elettrocardiografi e 1 macchina per elettro-ultrasuonoterapia
Don Biagio trae spunto da una impietosa analisi dell’attuale scenario calabrese sul fronte del welfare e dell’attenzione a esso riposto dalle autorità competenti. Fra l’altro, il Presidente di Fondazione Betania, nel suo lungo appello, scrive “…E mentre questa nuova politica del welfare gioca con azioni e reazioni spesso illegali, altre volte irragionevoli, altre volte ancora completamente vuote di senso e di programmazione, migliaia di persone fragili continuano comunque a ricevere la necessaria assistenza grazie solo ai costi sostenuti esclusivamente dalle strutture…
…Nelle altre Regioni sono ormai alla terza o quarta fase di applicazione della legge nazionale 328/2000. Noi dobbiamo concretizzarne la prima e ancora assistiamo a scontri, balletti, ping-pong, incompetenze, interessi privati, … E tutto ciò in un settore che pesa nel bilancio regionale solo pochi euro rispetto al volume complessivo delle altre spese regionali. Eppure… nonostante la non rilevanza economica… dopo ben 18 anni la Calabria ancora non riesce a garantite ai cittadini fragili le migliori condizioni per la esigibilità dei loro di diritti minimi…”.
Catanzaro Informa ha ospitato questa lunga lettera che ha lo scopo di scuotere gli animi, in ispecie di chi ha responsabilità per il buon funzionamento della macchina amministrativa regionale, con la speranza di poter risvegliare l’attenzione su un tema di grandissima attualità.
Il 14 giugno 2018 il Papa ha ricevuto in Vaticano alcuni sacerdoti catanzaresi in occasione del loro cinquantesimo anno di sacerdozio. Don Biagio Amato era uno di loro e ha potuto concelebrare con il Papa a Casa Santa Marta.
L'inserto Buone Notzie del Corriere della Sera, rispodendo al nostro appello a sostegno della campagna di raccolta fondi "Adotta un carrello", riserva a Fondazione Betania cinque uscite. Il primo articolo riporta l'intervista al Presidente di Fondazione, mentre il secondo al Direttore Operativo. I successivi tre articoli sono dedicati al colloquio con i familiari di Ospiti di tre differenti strutture di Fondazione.
Come sottolineato dal giornale online Catanzaro Informa, anche Fondazione Betania Onlus di Catanzaro, nel suo percorso di miglioramento continuo, si dota di un canale diretto di comunicazione e di interazione con i suoi utenti e i loro familiari. In Fondazione Betania si stanno collocando, in tutte le sue strutture terapeutiche distribuite fra le province di Catanzaro e Vibo Valentia, teche vivacemente contrassegnate per raccogliere i Questionari per il Rilevamento del Grado di Soddisfazione degli Ospiti.
In una intervista alla Gazzetta del Sud, Don Biagio Amato, Presidente di Fondazione Betania, comunica di essere pronto dopo 32 anni a passare il testimone.
A Palazzo de Nobili di Catanzaro la Proloco, in occasione della VI edizione di "Vetrine in Festa", premia le iniziative che maggiormente hanno caratterizzato il periodo natalizio appena trascorso. Fra loro anche Fondazione Betania per la sagoma di albero di natale illuminato che copriva per intero la fiancata di una sua struttura che guarda sulla Fiumarella.
Il Quotidiano del Sud dedica un lungo articolo a Fondazione Betania e alle sue origini affermando che essa rappresenta "...un pezzo di storia non solo della città di Catanzaro ma di tutta la provincia nell'impegno verso disabili e anziani...".
La testimonianza dei familiari di un nostro Ospite che ringraziano per “averli aiutati a rendere il papà un uomo con dignità fino alla fine”.